Semi di cannabis femminizzati: caratteristiche, vantaggi e consigli di gestione
Quando si comincia a coltivare cannabis in casa, hobby comune a molte persone, è naturale iniziare a familiarizzare con alcune espressioni tecniche, come per esempio “semi femminizzati”.
Cosa s’intende per semi femminizzati? Questa tipologia di semi, in vendita presso numerosi negozi fisici autorizzati ma anche su e-commerce famosi come Sensoryseeds, si contraddistingue per il fatto di garantire, nel momento in cui si procede a piantare, come risultato solo piante di sesso femminile.
Chi ha già un po’ di dimestichezza con la coltivazione della cannabis, sa bene che, fino a qualche decennio fa, questo risultato era tutto tranne che scontato.
Prima dell’immissione in commercio dei semi femminizzati, quando si acquistavano semi di cannabis bisognava farsi trovare pronti, nel 50% dei casi, a ottenere piante di sesso maschile.
Uno svantaggio non da poco se si pensa che solo con le piante di sesso femminile si ha la sicurezza di ottenere esemplari con cime caratterizzate dalla presenza di quantità importanti di cannabinoidi come il CBD e il THC.
Nel caso delle piante maschio, invece, si parla di esemplari che sono in grado di produrre unicamente sacche polliniche. Nel momento in cui si coltivano più di due o tre piante – non c’è assolutamente bisogno di avere a che fare con raccolti di dimensioni macro – la loro presenza può rappresentare un grosso rischio.
Le piante maschio, infatti, sono potenzialmente in grado di fecondare le piante femmine, con un impatto negativo notevole sulla produzione dei fiori.
Quando si iniziano a coltivare semi femminizzati, è bene essere consapevoli del fatto che si avrà a che fare con piante fotoperiodiche. Ciò significa che bisogna farsi trovare pronti a una gestione dell’illuminazione molto attenta in quanto, a differenza della cannabis autofiorente, che deriva da una varietà abituata a crescere in contesti climatici ostili, ossia la ruderalis, le fotoperiodiche sono fortemente legate ai cicli di luce per la crescita.
Coltivare semi di cannabis femminizzati: che tempi di crescita aspettarsi?
Mediamente più facili da gestire rispetto ai semi regolari, i semi di cannabis femminizzati sono al centro di diversi interrogativi, soprattutto da parte dei breeder alle prime armi.
Normale, per esempio, è chiedersi quali siano, in media, i tempi di crescita da aspettarsi.
Dipende molto dalla varietà scelta. Giusto per fare un esempio concreto, ricordiamo l’esistenza di diversi ceppi di cannabis indica che, in caso di scelta dei semi femminizzati, riescono a fiorire anche in 6 settimane.
Quando si sposta l’attenzione verso altre varietà, come per esempio la Haze, lato tempi si inizia a ragionare nell’ordine dei mesi.
Più varietà nella stessa grow room: scelta vincente o epic fail?
Coltivare, nella medesima grow room, più varietà di semi femminizzati è una scelta vincente o, a lungo andare, può rivelarsi un epicfail? Si può fare. Il consiglio, però, è di optare per questa scelta nel momento in cui si ha già un po’ di esperienza alle spalle.
Le ragioni sono diverse. Da un lato, infatti, è necessario farsi trovare pronti a diverse altezze nel momento in cui le piante inizieranno a crescere.
Differenti saranno anche le esigenze di nutrimento delle piante e quelle di irrigazione.
In alcuni casi, potrebbe altresì palesarsi la necessità di intervenire con approcci tecnici come la potatura, che può rivelarsi fondamentale per regalare alle proprie piantine un’illuminazione omogenea.
Cosa sapere sulla temperatura
La temperatura è un aspetto di indubbia importanza quando si punta a coltivare cannabis a partire da semi femminizzati. Se possibile, è il caso di mantenersi attorno a temperature non altissime. Numeri alla mano, 20, massimo 21°C vanno benissimo.
Essenziale è evitare le fluttuazioni climatiche importanti. Il rischio, qualora dovessero palesarsi, è di avere a che fare con situazioni fastidiose come l’arresto dei processi di sviluppo.
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